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Dalla marina militare a Master of Wine

“Volevo perseguire il mio sogno nel mondo del vino, che per me era molto specifico, diventare Master of Wine. Perché arriva un momento nella tua vita in cui senti di dover affrontare una grande sfida o almeno provare, perché se non provi non hai alcuna possibilità di successo”. Abbiamo intervistato Yiannis Karakasis, Master of Wine, ma anche educatore per il WSET, blogger e consulente. 

Raccontaci qualcosa di te, come hai iniziato la tua carriera nel campo del vino? Come e quando sei diventato MW?
La storia della mia carriera nel vino è piuttosto particolare, perché sono stato nella Forza Navale Greca per 21 anni, ero un ufficiale della marina. Contemporaneamente, ho iniziato a studiare per il WSET. Nel 2010 ho preso il diploma ed ero anche l’ufficiale in comando della squadra elicotteri, due mondi quindi completamente diversi. A quel tempo, mi trovavo di fronte ad un dilemma perché volevo perseguire il mio sogno nel mondo del vino, che per me era molto specifico, diventare Master of Wine. Arriva un momento nella tua vita in cui ti senti di affrontare una grande sfida o almeno provare, perché se non provi non hai alcuna possibilità di successo. Ma sapevo che se volevo entrare a far parte del mondo del vino dovevo studiare e lavorare molto. Ho lasciato quindi la marina militare, allontanato i miei amici e ho iniziato ad impegnarmi per raggiungere il mio obiettivo. Ho iniziato nel 2011 e ho terminato il Master of Wine nel 2015. Ho impiegato 4 anni per ottenere il riconoscimento. È sicuramente difficile ma mi reputo una persona con grande disciplina, ben organizzata, che punta dritto all’obiettivo.

Sappiamo che ti cimenti in diverse attività professionali in questo momento. Quali?
Dopo essere diventato MW ho dovuto essere selettivo circa le cose da fare. Oggi tengo corsi con il WSET a Cipro; conduco Masterclass in Grecia e all’estero; ho un blog che è la mia voce (www.karakasis.mw), dove scrivo ogni settimana sul vino greco, ma anche sul Piemonte e mi piacerebbe scrivere articoli sulla Sicilia e sull’Etna. Sono anche consulente per una catena di hotel a Santorini e per alcuni ristoranti, uno dei quali a Londra. Inoltre, sono sempre molto interessato ai vini provenienti dall’estero. Mi piace viaggiare, scoprire e degustare nuovi vini.

Cosa è il concorso 50 Great Greek Wines?
Lo scorso anno ho lanciato un concorso enologico rivoluzionario chiamato 50 Great Greek Wines (www.greatgreekwines.com). Per realizzarlo acquistiamo i campioni di tantissime cantine e solo 50 vini vengono premiati, il resto dei vini non viene comunicato. SI tratta di una degustazione alla cieca in cui i giudici non hanno molte informazioni sul vino, come la regione di provenienza o il prezzo. Vogliamo che tutti i vini partano dallo stesso punto. Cerchiamo di garantire il massimo grado di trasparenza. L’anno scorso, nonché il primo anno del concorso, abbiamo avuto 421 vini partecipanti, nonostante il Covid-19, provenienti da 140 cantine: un gran numero considerato che tutte sono orientate alla qualità. I vini premiati vengono poi promossi, non solo in Grecia, ma presentati anche a professionisti del settore all’estero, ad esempio a Madrid, in Polonia a Bordeaux. L’idea è che promuovendo alcuni dei migliori vini greci, otterremo sempre maggiore attenzione per tutto il vino greco. 50 Great Greek Wines è un passo per promuovere la grandezza dei vini greci. Il fatto è che la performance dei vini greci è fantastica, sono molto interessanti, ma ciò che manca loro è la reputazione, la storia, come può avere invece un buon Chablis. Santorini è una rivelazione recente. Come competere quindi con vini che per secoli hanno fatto la storia? Quello che si deve fare è trovare le persone giuste e presentare il meglio della Grecia. E devo dire che il feedback sul concorso è stato molto positivo.

Cosa apprezzi dell’Italia e quali sono le regioni vinicole più interessanti del mondo?
Penso che sia sempre una questione di equilibrio. Nutro grande rispetto per le regioni vinicole classiche come Bordeaux, Borgogna, Barolo, Barbaresco, Montalcino, Chianti, ma guardo sempre alle novità, alle regioni emerse di recente come l’Etna, Cipro, Israele, alla ricerca quindi di nuovi messaggi comunicare. È stata una rivelazione per me quando ho visitato la parte settentrionale del Piemonte, ho scoperto lì nuove sfumature del Nebbiolo, più friendly in termini di prezzo ma ugualmente emozionante in termini di terroir. Ho ancora voglia di imparare; ogni giorno impariamo. Puoi avere un’idea generale ma nessuno delle persone che conosco può definirsi uno specialista in molte regioni. Non si smette mai di imparare e questa è l’idea che sta dietro al MW secondo me. L’Italia ha un posto speciale nel mio cuore, perché la mia famiglia la ama. Penso sia un paese benedetto, e che abbia tante cose in comune con la Grecia, come la mentalità, il carattere mediterraneo, ma anche la storia e il futuro. Penso che entrambi i paesi abbiano un forte legame con il passato e il vino ha sempre fatto parte della nostra cultura.

Cosa ne pensi della Grecia e del Mediterraneo? Quali sono i punti di forza e di debolezza di questi vini?
Per quanto riguarda i vini greci, penso che il grande vantaggio siano le varietà autoctone, abbiamo più di 220 varietà autoctone e la maggior parte dei nostri vigneti sono piantati con queste. Il grande punto di forza di questi vini è la combinazione di freschezza, acidità e mineralità e alcool non elevato nonostante il clima generalmente caldo. Cerco sempre di comunicare agli amanti del vino che degustare i vini prodotti da Assyrtiko, ad esempio, trasporta immediatamente nel luogo di origine. E anche se parliamo di vinificazione troviamo i punti di forza: i produttori di vino sono artigiani, piccoli produttori che cercano di fare grandi vini. Creta, Peloponneso, Cefalonia, Grecia centrale sono le regioni più importanti. Ci sono luoghi in cui possiamo trovare vini molto interessanti. E la cosa più interessante è che il vino greco è tutto da scoprire, ancora sottovalutato. Puoi trovare vini fantastici che non costano molto. Santorini, ad esempio, ha alcune delle viti più antiche del mondo (200-300 anni), piantate in terreni vulcanici, su suoli speciali, dove la filossera non può sopravvivere a causa del basso contenuto di argilla. Le rese per ettaro sono basse, circa 15-20 ettolitri per ettaro, quindi la produzione è bassa. Il sistema di allevamento è chiamato canestro (basket) che protegge la vite dal vento, che potrebbe altrimenti essere molto aggressivo. Queste viti sono piantate sulle pendici di uno dei vulcani più pericolosi dei nostri tempi. Penso che sia una storia davvero unica.

Yiannis Karakasis

Cosa pensi che cambierà dopo la Brexit nell’approccio al vino? Gli inglesi berranno più vini inglesi? Il cambiamento climatico determinerà una nuova interessante prospettiva per la produzione di vino nel Regno Unito?
La Brexit rende le cose molto complicate nel mercato del vino. Anche inviare campioni nel Regno Unito è diventato difficile, i dazi e le tasse sono costosi. Tutto è molto complicato, ma tradizionalmente il mercato britannico è abbastanza forte, non credo che berranno meno vino proveniente dall’estero, ma penso che il vino inglese inizierà ad emergere a causa del cambiamento climatico, e soprattutto che alcune annate potranno essere molto interessanti nel sud dell’Inghilterra, questo potrebbe essere un punto di forza del vino inglese. Alcune aziende dello Champagne stanno infatti investendo nel sud dell’Inghilterra. Penso che nei prossimi 5 anni vedremo novità provenienti dal Regno Unito, finora conosciamo alcuni ottimi produttori e alcuni ottimi spumanti, come Hambledon e Nyetimber. Ho degustato alcuni vini fermi ma ovviamente l’annata è estremamente importante nel Regno Unito. Alcune annate sono ancora troppo fredde e questo potrebbe essere un problema. Pensiamo che a fine aprile a Londra nevicava. Quindi il tempo è incostante. Il cambiamento climatico determinerà la ricerca di nuovi luoghi, di una nuova viticoltura. La previsione per il futuro (per i prossimi 15 anni) non è ottimistica nemmeno per Paesi come Grecia e Italia, ma alla fine noi abbiamo un vantaggio strategico molto importante. Le nostre varietà autoctone sono ben adattate; possono sopravvivere perché si sono adattate in quel luogo nel tempo. Ciò significa che è importante preservare il nostro patrimonio, le varietà autoctone e le vecchie vigne. Per me una delle cose più importanti ed emozionanti nel mondo del vino sono le vecchie viti. Ho fatto delle degustazioni di vini prefillossera ed è una delle mie passioni.

Deduco dunque che tu sia un fan dei vini dell’Etna. Confermi?
Sono certamente un grande fan dell’Etna e delle sue varietà autoctone come il Nerello Mascalese e il Carricante che, ad esempio, ha un carattere molto simile all’Assyrtiko, forse meno alcolico ma molto elegante, con la sua essenza e consistenza vulcanica e l’intensità del frutto. Questi vini si stanno evolvendo, regalando aromi e texture davvero distintivi e, naturalmente, sono molto versatili. Mi piacciono anche altre varietà siciliane come il Grillo e il Nero d’Avola. Penso che la Sicilia sia molto importante per la sua identità unica e speciale.

Quali sono i 3 migliori vini che hai degustato da quando sei diventato MW?
Di solito non lo dico, ma farò un’eccezione per te. Il primo è Pomerol, Vieux Chateaux Certan 1947, è una bevuta che non posso dimenticare. Poi ce n’è uno italiano, anche se per l’Italia è difficile indicarne uno perché ho assaggiato dei Barolo davvero strepitosi. Si tratta di Borgogno Barolo Riserva 1974. Il terzo è dalla Grecia: Boutari Santorini 1989, che per me è stata una rivelazione. In genere, tendo ad andare a ritroso nelle annate per scoprire la massima complessità. Per quanto riguarda le nuove annate, posso dire che i vini di Pietradolce o Benanti sull’Etna siano favolosi.

Cosa ne pensi del primo Master of Wine italiano, Gabriele Gorelli?
Sono felice e orgoglioso di Gabriele. Ho partecipato a molti bootcamp con lui. È sempre stato una persona molto concentrata, disciplinata, molto intelligente e che ha lavorato sodo. Sono davvero contento che l’Italia abbia finalmente un Master of Wine e soprattutto un MW come Gabriele. L’Italia ha molti grandi vini e penso che abbia bisogno di più di un MW. Sono sicuro che nei prossimi 2 anni emergeranno persone di grande talento.